Per molti è la festa degli innamorati. Per loro due, invece, il 14 febbraio è solo un promemoria dell’approssimarsi del 17 febbraio.
Essendo entrambi sui sessanta, e per giunta maschi, tendono a dimenticare nomi, appuntamenti, ricorrenze. Questa del 17 non la dimenticherebbero mai – però, per maggior sicurezza, da qualche anno prestano più attenzione al chiasso dei media in vista di San Valentino. Anzi, tutta quella svenevole eccitazione per il popolare santo dell’amore, celebrato tre giorni prima di un ignorato martire dell’odio, oltre che da notifica gli fa da ricarica dell’“eroico furore” che è l’ingrediente principe della commemorazione. 17 febbraio 1600: previa immobilizzazione della lingua (ancora non si usava farlo col cervello), Giordano Bruno viene arso vivo per ordine papale e connivenza di un futuro santo, quel Bellarmino che i protestanti fiamminghi irrideranno dandone il nome a un boccale di pietra foggiato a sua caricatura.
Ogni 17 febbraio, dunque, i due amici ricordano con consapevole e fiera goliardia la morte di questo martire della Chiesa (dove il “della” non già specifica bensì accusa) incontrandosi a Porta Pia e declamando versi in tema. A dire il vero, il più anziano dei due, docente universitario, a Porta Pia ci abita. Fresco di nomina a Roma proveniente da Napoli, si adattò a vivere per quasi un anno in un residence finché trovò il tanto agognato appartamento affacciato sulla Breccia (“unica benemerenza di una dinastia funesta”). L’altro, libraio in Prati, lo raggiunge in autobus con sottobraccio la cartella dei versi scelti per l’occasione.
La cernita, infatti, spetta a lui: l’altro si limita a dare una rapida scorsa alle parti che gli toccano, quindi a declamarle con invidiabile strafottenza per la curiosità sempre un po’ ostile dei passanti – salvo, adocchiato l’immancabile prete, inseguirlo ringhiandogli dietro un paio di carducciate a braccio (l’anno scorso fu un’orribile quartina dell’A Satana: “Via l’aspersorio, | prete, e il tuo metro! | No, prete, Satana | non torna in dietro!”. Scelta migliore nel 2000, con la stoccata finale di Voce dei preti: “Ahi giorno sovra gli altri infame e tristo, | Quando vessil di servitù la Croce | E campion di tiranni apparve Cristo!”).
Quest’anno si prevede un’apertura a due, tratta come sempre da un sonetto degli Eroici furori. Professore: “Bene far voglio, e non mi vien permesso. | Per goder una volta, piango spesso; | Cercando gioia, afflizïon mi reco, | Perché veggio tropp’alto, son sì cieco; | Per acquistar mio ben, perdo me stesso.” Libraio: “Per amaro diletto e dolce pena | Impiombo al centro, e vers’il ciel m’appiglio; | Necessità mi tien, bontà mi mena; | Sorte m’affonda, m’inalza il consiglio; | Desio mi sprona, ed il timor m’affrena, | Cura m’accende, e fa tardo il periglio.” Insieme: “Qual diritto o divertiglio | Mi darà pace, e mi torrà de lite, | S’avvien ch’un mi scacce, e l’altro invite?”
Segue, in virtù di recenti e controverse santificazioni, un appropriato Carducci tratto dall’introvabile Al beato Giovanni della Pace e affidato al professore. “Presto dunque il reliquario, | E ben venga il santo novo! | Tra i compari del lunario | Anche lui si faccia il covo, | Avvocato e servigiale | De la pace universale. || Bel vedervi, fra’ Giovanni, | ritto ritto su l’altare, | E briachi per gli scanni | I canonici a russare, | E i devoti bisbiglianti | Di cambiali e di contanti, || E le belle penitenti | Mentre cantan litania | Affittar nuovi serventi | Per l’entrata in sagrestia, | Invocando la Madonna | Quando s’alzano la gonna.”
Per finire, i raggelanti versi con cui Luigi Lombardi Vallauri – cattedratico espulso dalla Cattolica per eterodossia – sigilla la prosa del suo splendido Nera Luce: “Un ossetto di ominide è realtà | Adamo ed Eva sono… che realtà? || Un’ostia di molecole è realtà. | Un’ostia di Gesù Cristo è… che realtà? || La storia delle stelle è realtà. | Che l’abbia scritta Uno è… che realtà?”
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Magistero attuale
di eretici d’antan.
Ai posteri, le scuse dei papisti.
Articolo di Sergio Claudio Perroni da Il Foglio del 15 febbraio 2003